dedicata a Roberto Roversi
Non sono di grano le spighe del tuo campo, quando pungono mi spengo.
Con i tuoi raccolti non sfamo le bocche dei miei figli, ma punisco le lucciole
per avere rovinato la notte. Le spengo.
Una sentita devozione nei confronti del buio. Abitua il mio pianto a non trovare conforto.
Il caffè non è più caldo e la tua mano non è più un pugno, è aperta, morta, distesa. Sembra la vendetta dei deboli, ha la fiacchezza di sogni incompleti, è opaca come i vetri che pulisci con la manica della camicia. Però se la accarezzo, se anche solo la sfioro con cura ed eleganza, lei vibra, corda di violino ben tesa, lei vibra. Allora la prendo tutta, e la immergo completamente nella mia, un’osmosi di carne crea un ponte verso l’isola del tempo perduto, ma già recuperato tutto.