Mentre il corso del mondo chiude il suo cerchio ad arco di compasso al tempo stesso il tempo in cui consiste il compimento di sé quale prova dell’essere per sé contro di sé tornando al sogno della vita a fermo la riconduce al limite nel segno del suo stesso autolimite questo recinto che è la situazione dato di stato irrevocabile e irrevocato stretto da torno come in un assedio sovrastato dall’alto come in un naufragio ecco l’uno ridotto alla ragione dell’unum atque idem.
Che pure in questo altrove dove il vivente in vivo è dislocato il tale e quale che è stato non lo è più perché l’ora che vige dentro l’ora dentro a questo perimetro di scena che è diventata la cavità della voce che ascoltate non è più un idem temporale: il dato unito fisso ed immutabile e che invece è la soglia di doppia entrata e uscita come se fosse un occhio di clessidra nel suo momento di rovescio a far da gorgo fra le due distese dell’essere e del nulla fra le due tempità che tra finito e infinito si fronteggiano si includono e si escludono: sicché naufrago sì ma di due mari dentro il doppio fluire e rifluire esso vivrà perché non può morire della stessa morte in entrambi. (1983)
Riscrittura di una poesia intitolata Eleusi che il filosofo Hegel scrisse per l’amico poeta Hölderlin nell’agosto del 1796. Attorno a me spazio di libertà che ritrovo nel sempre immemoriale entro il piacere dei giorni più lontani nel desiderio che si apre a un dolce arrivederci là dove è incluso il meglio di ciò che fu. Là sorge la visione nei miei occhi di tempi ancora inconosciuti assieme alle domande che li indagano dentro uno sguardo che scruta l’estensione del nostro essere insieme e insieme avversi a ciò che non ascolta e non risponde a colui che lo interroga,pertanto arcanamente tace come una pietra senza volto. Verso il volto del mondo è con orgoglio che l’occhio mio si leva con lo stupore esteso di chi pensando lo contempla ricolmo di presente: patria che irradia perfezione, perciò trono d’Eleusi è il mondo e un fremito mi coglie del suo nascosto senso e che rende più intensa la paura dell’effondersi in esso.
Attendo che nel pensiero che dentro vi si scorge si dispieghi l’intendere perché renda la notte del cuore luminosa al raggio della mente che vi irradia. (1996)